Democrazia e giustizia sociale

Le donne della rivoluzione egiziana

Democrazia e giustizia sociale

di Eros Sana

Sono il volto dell’Egitto, l’anima più profonda delle mobilitazioni che da qualche settimana hanno infiammato nuovamente il paese. Ogni giorno Nada, Inès, Yosra et Pasant scendono in piazza Tahrir, al Cairo, per rivendicare un futuro migliore, fatto di democrazia e giustizia sociale.

Originariamente pubblicato in francese da Basta

Giovani, diplomate, lavoratrici o disoccupate, queste ragazze hanno partecipato attivamente alla rivoluzione egiziana, o meglio alle «due rivoluzioni», come sottolinea Inès. La prima rivoluzione nel gennaio 2011, che ha portato alla fuga del presidente Hosni Moubarak dopo 30 anni di dittatura; la seconda il 3 luglio 2013, che ha provocato la destituzione di Mohamed Morsi, primo presidente (islamista) eletto nell’era post-rivoluzionaria.

Nada, Inès, Yosra et Pasant sognano un Egitto più solidale e, coscienti che il cammino sarà lungo e tortuoso, sono determinate e pronte a battersi per difendere la rivoluzione in corso.

Nada e il rifiuto del «male minore»

«Bisogna continuare a lottare finché l’Egitto non sarà diventato un paese migliore per tutti», afferma Nada, 20 anni, che si trova in piazza Tahrir con la madre, la sorella minore, il fidanzato Mustafa e un vecchio militante comunista irakeno di passaggio, venuto a sostenere la rivoluzione.

Consumano tutti assieme l’iftar, il pasto che conclude la giornata di digiuno del ramadan, al riparo sotto una tenda in cui campeggiano diversi ritratti: a fianco di Nasser e di Anwar Sadat, due presidenti egiziani, si intravede l’effige di Abdel Fattah al-Sissi, comandante in carica delle forze armate, ministro della Difesa e responsabile dall’intervento militare che ha destituito il presidente Mohammed Morsi.

Nada così candida all’apparenza, lascia che sia Mustafa, abile intrattenitore, a fare da traduttore dall’arabo all’inglese. Come sottolinea lei stessa, «preferisce parlare poco ed concentrarsi sull’azione». Dall’inizio della seconda ondata rivoluzionaria si è presentata con determinazione ogni giorno in piazza Tahrir. Si trovava tra le fila dei giovani manifestanti che invocavano la cacciata di Mubarak, ed ora vi è ritornata per ottenere le dimissioni di Morsi. «Non è certo perché ci siamo sbarazzati del peggio - Mubarak - che siamo disposti ad accettare il male minore, ovvero Morsi», ci spiega la giovane con fermezza.

Per due ragioni differenti Nada ha però dovuto, di tanto in tanto, allontanarsi dalla piazza. In primo luogo a causa dei suoi studi universitari. Il 30 giugno infatti, giorno della grande mobilitazione contro l’ex presidente Morsi (circa trenta milioni di persone sono scese nelle strade delle principali città egiziane a chiedere le dimissioni dei Fratelli Musulmani), Nada era impegnata a sostenere un esame all’università del Cairo che l’ha costretta, suo malgrado, a mancare un evento così cruciale. L’altro motivo invece riguarda la sicurezza, o meglio l’assenza di sicurezza, che le impedisce di accamparsi la notte con i suoi coetanei in piazza Tahrir: «Per le donne è davvero complicato, ci sono stati diversi casi di molestie e addirittura di stupri». Così lei preferisce scendere in piazza durante il giorno, manifestare, protestare per poi rientrare a casa dove ad attenderla c’è la sua famiglia.

Nada ritorna con costanza nella piazza, e continuerà a farlo fino a che la transizione democratica non sarà compiuta. Si sente responsabile del destino del suo paese: “è necessario seguire il cammino rivoluzionario fino al raggiungimento dei nostri obiettivi: non lottiamo per uno Stato più forte o più grande; non ci interessa questo, ma chiediamo un futuro migliore per tutti”.

Yosra e la «rivoluzione permanente»

«Si può sconfiggere un rivoluzionario, ma non è possibile fermare la rivoluzione», sostiene Yosra, una ragazza che sembra molto diversa da Nada. Ha 29 anni e origini umili, vive in un quartiere popolare di Fayoum, dove i Fratelli musulmani godono di ampio sostegno. Yosra è loquace, ha uno sguardo pieno di determinazione e si esprime in un francese perfetto. Ci racconta che oramai sono tre anni che è impegnata nella causa rivoluzionaria.

Dopo aver perso il suo impiego in un’azienda nel 2011 (ha studiato economia), Yosra ha fatto della rivoluzione la sua principale occupazione. Ha preso parte a tutti i sit in, a tutte le manifestazioni, tutti i cortei e ha sfruttato ogni mezzo - compresi twitter e facebook- per diffondere le rivendicazioni della piazza. Si batte quotidianamente assieme alle sue amiche, “musulmane, cristiane e atee” tiene a specificare. Durante questi mesi di attivismo è mai stata vittima di violenze? Yosra finisce per confessarci che è stata picchiata da alcuni poliziotti, mentre altre compagne hanno subito esperienze peggiori. Poi però con il sorriso sulle labbra aggiunge sicura: «Si può sconfiggere un rivoluzionario, ma non è possibile fermare la rivoluzione».

Così Yosra si è unita alla campagna Tamarod (Ribellione), che dopo aver raccolto 22 milioni di firme in tutto l’Egitto ha chiesto e ottenuto la dipartita del presidente Morsi. Pur essendo una musulmana praticante, non ha mai sostenuto Morsi, ma un candidato di sinistra al primo turno e, vedendosi costretta a scegliere tra i Fratelli e i rappresentanti del vecchio regime, ha espresso il suo dissenso votando scheda bianca al secondo. «La Fratellanza si è dimostrata pronta a tutto per ottenere il potere; ha utilizzato la religione come capro espiatorio per le loro scelte politiche. Ma l’Islam si fonda sul rispetto dell’altro, sul dialogo; l’Islam è per prima cosa, e sopratutto, democrazia».

Un principio che deve essere rispettato da tutti, non solo dai Fratelli Musulmani. In occasione di un seminario organizzato dal dottor Ala’a Aswany, noto scrittore egiziano vicino alle fila del nuovo governo e del vice presidente Mohamed el Baradei, Yosra ricorda che i manifestanti «continueranno a vegliare sui politici navigati, che possono facilmente perdere il contatto con la realtà». Ai militari che sono intervenuti per destituire Mohamed Morsi, ricorda che finché saranno lì per proteggere il popolo «la piazza li accetterà», ma nell’eventualità opposta «la gente è pronta a manifestare contro di loro!».

Inès e il neo-liberismo della Fratellanza

Inès, 32 anni non usa mezze parole: «I Fratelli Musulmani hanno riprodotto il programma neo-liberale di Moubarak». Nemmeno lei ripone una fiducia incondizionata nell’operato dei militari. Quest’avvocatessa di 32 anni, con alle spalle una famiglia di legali politicamente impegnati, si definisce una militante di sinistra, sebbene «essere di sinistra in Egitto comporta diverse contraddizioni».

«I militari avrebbero dovuto intervenire senza che si corresse il rischio di un bagno di sangue»: la realtà è che «non hanno mai veramente abbandonato il potere». «Al contrario, erano riusciti a stipulare un tacito accordo con i Fratelli musulmani che ha permesso loro di mantenere il controllo parziale dell’economia egiziana. Quest’equilibrio avrebbe potuto perdurare se la Fratellanza non avesse compiuto così tanti errori, da spingere 30 milioni di egiziani a chiedere le loro dimissioni». «L’esercito - prosegue Inès in un perfetto francese - vuole continuare a fare i propri comodi senza nessun tipo di interferenza, che si tratti dei Fratelli, dei rivoluzionari o degli Stati Uniti».

Ma attenzione a non «colpevolizzare l’islam»: sebbene condanni il ruolo sociale del patriarcato, certamente accentuato dall’operato degli islamisti, Inès non vuole che sia l’Islam ad essere messo sotto accusa. Ciò che questa giovane donna rimprovera maggiormente al ex presidente Morsi riguarda soprattutto le numerose violazioni delle libertà collettive ed individuali, gli arresti extra-giudiziari, i casi di violenza, di tortura, e perfino omicidio. È una grande conoscitrice della materia poiché suo fratello maggiore, Karim, offre patrocinio gratuito - assieme agli altri avvocati del centro Adala (giustizia in arabo) - alle vittime degli innumerevoli abusi commessi dalla polizia egiziana.

Ciò che Inès trova davvero inammissibile, inoltre, sono le pessime condizioni economiche in cui i Fratelli Musulmani stavano conducendo il paese. «Morsi e compagni si sono accontentati di ripresentare il programma economico del regime di Moubarak, ovvero cercare di far ripartire la crescita applicando i dogmi dell’economia neoliberista. Crescita senza sviluppo. Ora è chiaro che di questo tipo di crescita economica può beneficiare solo una parte ristretta della popolazione». Inès riconosce di essere parte di una minoranza privilegiata. «Proviamo però per un attimo a metterci nei panni di un giovane egiziano di 35 anni, disoccupato e costretto per questo a vivere ancora con i genitori, magari innamorato ma impossibilitato ad affrontare le spese del matrimonio…».

Dopo un attimo di silenzio l’avvocatessa prosegue: «Questo giovane egiziano non ha altra scelta che scendere in piazza. Ed io con lui. Le rivendicazioni del popolo egiziano sono sempre più puntuali e precise. Nonostante si sia perso il riferimento alla tradizionale separazione tra destra e sinistra, la gente chiede maggiori diritti legati al lavoro e alla giustizia sociale, temi di cui la sinistra dovrebbe farsi portavoce. Per far sì che la rivoluzione continui».

Pasant: «attenzione a non farsi ingannare»

L’analisi proposta da Pasant è ancora più critica sulla situazione attuale. Questa ragazza è considerata una vera e propria ’pecora nera’ nella società egiziana: beve, fuma, e vanta amici maschi con cui ama passeggiare per le vie del Cairo in piena notte durante il periodo del ramadan. Una giovane madre di 26 anni che parla inglese con perfetto accento britannico e che ha preso parte alla rivoluzione contro Mubarak, firmando successivamente la petizione lanciata da Tamarod. Pasant, tuttavia, condanna energicamente l’intervento dei militari che ha estromesso il governo Morsi.

«In questo paese, io mi assumo il rischio delle mie idee, non mi lascio comandare da nessuno, né dai barbuti, né dalla gente della pseudo-sinistra”. In questo momento, fa notare la giovane, “non posso sostenere dei militari che hanno appena rovesciato un potere civile». La gente ha la memoria corta, sostiene Pasant, e dimentica un troppo facilmente le atrocità commesse dall’esercito, che oggi viene lodato come una forza liberatrice.

«Ascolta - dice fumando con voluttà - se i Fratelli Musulmani avessero attuato interamente il loro programma, io sarei stata una delle loro prime vittime. Guardami - aggiunge poi la giovane donna sorridendo e mostrando la sua maglietta che lascia scoperte le braccia e l’ombelico - io ho estrema coscienza di ciò che abbiamo sacrificato per la Rivoluzione. Conosco fin troppo bene il prezzo della democrazia e per questo non posso accettare un intervento militare in sua tutela».

Per Pasant, coloro che hanno contribuito alla campagna contro Morsi coniugano alcune verità con le peggiori menzogne sul conto dell’ex presidente. Si tratta dei padroni delle reti televisive e delle radio private che hanno largamente beneficiato della compiacenza del regime di Moubarak e che vogliono mantenere i loro privilegi. Pasant è quindi pronta a continuare la Rivoluzione, e si rifiuta di farsi ingannare dal gioco dei militari. «Il generale al-Sisi è furbo, molto furbo!» sostiene, ricordando che è lui l’ex responsabile dei servizi segreti militari egiziani. «Oggi viene glorificato, ma domani altre voci come la mia si leveranno per denunciare il suo operato».

Numerose organizzazioni di sinistra hanno chiesto a Pasant di unirsi a loro, spiega, per «fare politica più concretamente». Tuttavia la giovane donna non ne vuole sapere, almeno non per ora. Teme di perdere la sua libertà d’espressione e d’azione. «Il peso delle organizzazioni politiche è enorme, è un rischio che non voglio correre». Pasant preferisce continuare ad agire all’interno della società civile, al di fuori degli schemi e del controllo politico.. libera.

Eros Sana

Foto : Eros Sana / ŒIL-Our Eye Is Life

Traduzione in italiano a cura di Giulia Fagotto / Osservatorio Iraq